Francesco Bacone

Francesco Bacone

Francis Bacon, italianizzato Francesco Bacone, nasce a Londra nel 1561 e la sua biografia è intimamente intrecciata con le vite dei regnanti inglesi del suo tempo. Figlio di Nicholas, Lord Guardasigilli della regina Elisabetta I Tudor, nutre sin da bambino grandi ambizioni e sogna una vita di sfarzi, successi e denaro.
Nel 1621, però, la fortuna di Francesco Baconesubisce un irreversibile arresto: la Camera dei Lords lo accusa di corruzione nell’esercizio delle sue funzioni di giudice e gli impone il pagamento di una grande somma di denaro e la prigionia. La sua buona stella lo abbandona definitivamente e, dopo aver visto naufragare la sua vita politica, muore, immerso nei suoi studi, il giorno di Pasqua del 1626. Se gli interessi di Francesco Bacone sono, in un primo momento, orientati all’etica e alla politica, il nucleo centrale dei suoi studi e delle sue riflessioni rimarrà sempre la scienza, intesa come sapere che poteva dischiudere all’uomo infinite potenzialità pratiche atte a migliorare la sua vita. Ne è un esempio l’opera la Nuova Atlantide e, soprattutto, la sua Instauratio magna: un ambizioso progetto di rinnovamento della ricerca scientifica che doveva presentarsi come una grande encicolopedia. Di questa vasta operazione, Bacone riesce a realizzare in modo rigoroso e esaustivo solo una parte, il Novum Organum (1620), su cui sarà bene soffermarsi nei prossimi paragrafi.







IL NOVUM ORGANUM
Secondo Francesco Bacone la scienza non deve assumere le caratteristiche di un sapere puramente teorico e astratto ma, al contrario, deve essere posta al servizio dell’uomo, essergli realmente utile ed offrirgli gli strumenti atti a conoscere e dominare la natura, trasformandola a suo beneficio.
«Sapere è potere», scrive Francesco Bacone, che equivale a dire: solo se conosciamo realmente le cause che generano i fenomeni possiamo intervenire su di essi e volgerli a nostro favore.
Bacone vuole trovare una “filosofia delle opere” che si sostituisca alla “filosofia delle parole” e con Aristotele intende condannare un intero atteggiamento che aveva caratterizzato i filosofi del passato, appellati come “eterni fanciulli” che sanno “soltanto ciarlare e litigare senza mai generare.

L’errore epocale, tanto di Aristotele quanto degli scienziati a lui contemporanei, consiste, secondo Francesco Bacone, nel non essersi davvero occupati di fornire alla scienza un metodo rigoroso, un novum organum (un nuovo strumento) in grado di giungere non a “principi approssimativi ma principi veri”.

Per Francesco Bacone era necessario, dunque, che la scienza procedesse verso un totale rinnovamento, partendo dalle sue stessa fondamenta. Un compito arduo, che consta di due momenti: una parte distruttiva, in cui Bacone vuole sgomberare la mente da quelle che lui chiama le “anticipazioni della natura”, ovvero nozioni errate e pregiudizi (gli idola);
una parte costruttiva, in cui attraverso un metodo rigoroso si procede verso le “interpretazioni della natura”, cioè il vero sapere.

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